PAOLINO, LA GIUSTA CAUSA E UNA BUONA RAGIONE
Un atto con musiche

Testo e musica di Alberto Bruni Tedeschi

Personaggi ed interpreti:
Paolino - coltivatore di fiori ( e beone)
La giusta causa
Una buona ragione

LA SCENA
Interno grigio: un tavolo in legno ruvido, abbastanza largo e robusto al centro: tre sedie attorno al tavolo una centrale e due ai lati: sul tavolo stanno posati, a destra di chi guarda un vaso di fiori ed a sinistra un bottiglione di vino ed un bicchiere.
Una grande vetrata in ombra al fondo della scena.
La scena è scura: solo una debole luce illumina il tavolo dove sulla sedia di centro sta seduto Paolino, pensieroso e taciturno.
E' vestito con una sdrucita e stinta tuta da operaio, berretto a sghimbescio e rialzato sulla fronte.
L'uomo è anziano, ma forse sembra più vecchio di quello che è veramente, consunto dalla fatica quotidiana, dal sole che gli ha raggrinzito precocemente il viso, dalle mani tremolanti per il lungo bere, ma specialmente da un aspetto così rassegnato e stanco che si riflette nei suoi gesti, ormai abituali e generici, con un metodo così puntigliosamente esatto, quasi da automa, che esprime tutto un suo modo di essere, di pensare, di meditare, sì da dare al pubblico l'impressione di una solitudine sconsolata e senza speranza.
Paolino, in altre parole, è un uomo solo in mezzo a moltitudini di suoi simili che egli non vede, non conosce (né lo desidera!), e in un mondo per lui indifferente se si agiti, sia calmo, viva in pace o in guerra: conquisti la luna e il benessere col progresso o quant'altro possa giovargli. E' fondamentalmente un misantropo. A lui in fondo importa solo coltivare i fiori e, col ricavato delle vendite, bere. Il suo ciclo si chiude senza grandi altri interessi, ma è pur sempre un uomo, un essere ragionante, in altre parole il suo modo di vedere le cose (lo interessino o meno), le sue reazioni davanti ai fatti che avvengono al di fuori di lui, i suoi modi di interpretarli creano determinate sensazioni (oh, non eccessive, certo!) che danno al suo aspetto certi fremiti raggelanti, subito repressi dal bicchiere, dalla vista dei suoi fiori, da una rassegnazione senza scampo con cui egli esamina gli avvenimenti esterni.
Sentiamo dunque parlare Paolino con se stesso: il se stesso è rappresentato da una giusta causa per parlare e da una buona ragione per bere e per morire ( ma ha veramente vissuto Paolino?).


SI ALZA LA TELA
L'uomo con metodo ed alternativamente innaffia e beve.
Entra la giusta causa: è una donna, più che anziana, senza età. Quasi inespressiva, è vestita di una lunga tunica grigia dello stesso tono di grigio della parete della scena. Ha una certa dolcezza nel viso rassegnato e dolente. La sua entrata in scena è silenziosa: accarezza dolcemente sul capo Paolino che la guarda di sottecchi, quasi senza accorgersi della sua presenza, e poi ripiomba nella sua tetraggine.

La giusta causa
Ebbene Paolino?
Paolino
Che c'è? Che vuoi?
La giusta causa
Sono io Paolino, la tua giusta causa...
Paolino
Oh! Sempre tu... io non so più cosa dirti ormai. Io non ho più bisogno di cause giuste o ingiuste, per parlare...
La giusta causa
Ma si, Paolino. Ti sembra che io non ti sia mai stata necessaria, ma, in certe sere, quando un fiore non cresceva come volevi o non nasceva del tutto ed il vino ti andava di traverso, come avresti fatto? Si ha sempre bisogno di qualcuno...
Paolino
Ho sempre vissuto da me senza parlare con nessuno e nulla voler intendere. Ed è stata una ben lunga vita... Solo ombre conosco, sai, come fotografie sfocate.
Passo per strada, in mezzo alla gente che mi circonda, mi spinge, mi trascina, mi urta e solo ombre io mi vedo intorno, e se un essere passandoti accanto ti investe con la sua ombra, tu te ne accorgi forse? Gli altri sono per me come una grande oscurità popolata di ombre. Ed io sono come una pietra posata per terra dove la gente, se vuole, si può sedere, riposare e poi se ne va: e mica guarda indietro, la gente, quando si è servita di qualcosa...
La giusta causa
Ma la tua vecchia la vedi pure quando torni a casa, la sera... e lei non è un'ombra, mi pare!
Paolino
Sì, la vedo: grida, si dimena, si arrabbia con tutto e con tutti, anche con me che non rispondo. Ma subito dopo beviamo insieme: lei, furiosa contro il mondo che dice e pensa ingiusto, io, rassegnato e silenzioso ... e dopo ci addormentiamo beati, teste appoggiate al tavolo, l'una accanto all'altro. Qualche volta lei persino mi prende la mano, ma è in quel preciso istante che io sento che si trasforma in ombra, ed io ridivento pietra...
La giusta causa
Ma un giorno lei ti ha pur fatto nascere...
Paolino
Oh, perché parlarne... mi ha detto di avermi avuto da qualcuno contro cui ha sempre imprecato e che manco ha conosciuto... Io credo veramente di essere nato 'senza concepimento'.
La giusta causa
Quante cose ci siamo dette, Paolino, in tutte queste tue lunghe sere. Dopo il tramonto, quando la luce diminuiva nella serra e tu bevevi tranquillo, io mi sono avvicinata a te per accompagnarti nella notte che finalmente incombeva: i fiori erano ormai diventati scuri e tu parlavi, parlavi come fai ora.
Poiché, nel profondo di tutti noi, esiste sempre una giusta causa per confidarsi di quello che uno ha dentro, per parlare con se stesso, intendo. In fondo, io ho sostituito ai tuoi occhi, alla tua mente, quel mondo che hai sempre rifiutato...
Paolino
Oh! l'ho rifiutato perché l'ho ben conosciuto. Ora, non mi interessa più, ecco tutto.(innaffia i fiori e beve) Ascolta: un giorno incontrai una donna (l'unica credimi!) quand'ero soldato. Poi mi riformarono per etilismo ed io, prima di tornarmene a casa, andai da lei per salutarla. Guarda che io non sapevo neanche cosa fosse una donna allora... (e l'ho poi saputo, forse?). E non era una di quelle, te l'assicuro, una donnaccia da pagarsi, era una qualsiasi che lavorava da qualche parte, operaia forse o cos'altro... bene, sai che successe? Quasi manco mi riconobbe, o fece finta... Mi apostrofò duramente: ah! sei tu? Come si rivolgesse a uno qualsiasi o, a un suo gatto, a una bestia insomma, ed io mi accorsi, in quel preciso momento e per la prima volta, per la prima volta, bada, che quelle parole mi venivano da lontano, da una lontananza infinita, da un altro mondo, insomma e da un essere che a questo altro mondo apparteneva... ed invece io ero di qua, da quest'altra parte che cercavo di sorriderle perché me ne andavo.
E mi ronzavano lamentosamente alle orecchie quelle sue parole: ah! sei tu?... ah! sei tu? come una cantilena orrenda nella sua indifferenza.
E finalmente vidi il gatto: c'era veramente e mi strusciò contro e mi fece le fusa, forse credendo che fossi io la padrona.
E poi vidi anche lei e lei si accorse finalmente di me e incominciò a parlare... parlare: ma per me non era più nulla: io ero diventato il gatto, che la guardava curiosamente e questa sua figura ( forse i gatti hanno occhi differenti!) impallidiva, si sfuocava, allontanandosi da me sempre più mentre lei continuava a parlare, parlare... Ma che può intendere un gatto? ai miei orecchi di gatto erano solo suoni informi: udivo il tono della voce, alto o basso che fosse ma non ne intendevo il senso.
Me ne scappai col gatto dietro ed ebbi la curiosa sensazione di essere io la gatta ed il maschio che mi correva dietro, io, stranamente, lo capivo. Capivo i suoi gesti e, ti assicuro, lui mi parlava, mi gridava qualcosa ed io l'intendevo.
Poi, ci perdemmo: ma all'angolo della prima strada mi vennero incontro innumerevoli turbe di gatti ed io mi accompagnai a loro, quasi felice. Poi anch'essi si perdettero nella notte ed io restai solo... solo ... solo ...
(Paolino alternativamente innaffia i fiori e beve)
La giusta causa
Paolino, tu ora devi essere molto stanco ed anche un poco melanconico...
Paolino
Ti sei mai domandata cosa sia veramente la melanconia?
La giusta causa
Vedi, io so solo che la tua melanconia è così profonda, perchè scavata nella solitudine, nella rassegnazione e nella misantropia.
Paolino
No! tu non la conosci veramente. Per me è più che uno stato d'animo, un modo particolare d'intendere le cose, di considerarle da una certa visuale.
Quando io salgo dal paese, al mattino presto, qui alla serra dove lavoro, sovente nasce il sole dietro alle mie spalle, sulle montagne. Ebbene io mi calco bene sugli occhi il berretto in modo che mi copra quasi il viso. E non mi capita neppure di pensare tra me: guarda com'è bello, che splendore è il sole che nasce!
La sua luce si fa intensa, sempre più intensa, troppo intensa per chi non vuole vederla. Una bella giornata che s'annuncia, rappresenta sempre una certa speranza per qualcuno che ci crede. Non per me! Non per me! io sono solo costretto rabbiosamente a subirla questa maledetta luce che inonda sguaiata la mia strada. E man mano che avanzo fisso gli occhi a terra testardo e non mi volto mai.
Questo credo sia la mia malinconia.
Ed alla sera quando torno a casa (un poco ubriaco, è vero!) il mio paese è là, in fondo alla discesa e le mie case hanno ormai le luci accese nella notte, ed allora sento come una morsa terribile ed inesorabile che mi stringe il cuore e stringe ... stringe sempre di più, mentre arrivo al termine della discesa e mi avvicino al paese. Vorrei allora che la strada diventasse sempre più buia e le case io non le raggiungessi mai.
Questa credo ancora sia la mia malinconia.
Solo la pioggia o la neve, le giornate corte d'inverno, le montagne ormai scomparse in lontananze, il paese avvolto nella nebbia della pianura, i miei piedi che nel lungo cammino affondano nell'umido della strada buia, il viso rabbrividito dal freddo ed infine il caldo della serra, i miei fiori, i miei fiori che mi accolgono coi loro colori opachi nella poca luce, ed il vino infine che riscalda la mia solitudine ed il desiderio bruciante di restare solo, sempre solo ...sempre...questo ancora credo sia la mia malinconia.
Essa ti possiede sempre, in ogni momento della tua vita, possiede tutto il tuo essere, ti stritola in un dolore continuo, inafferrabile ed inarrestabile. (volgendosi alla giusta causa) Oh! hai veramente ragione! sempre la melanconia nasce da un senso di rassegnata solitudine. Ed allora può anche uccidere.
La giusta causa
Vuoi dire che la tua melanconia è divenuta così profonda, ti si è talmente maturata dentro, si è macerata in ogni tua fibra, che sta tagliando a poco a poco, come un coltello triste, i tuoi legami con la vita?
Paolino
Io non mi aspetto ormai più nulla da questa vita. E quel coltello di cui tu parli non è poi tanto triste se serve allo scopo.
Questa notte, io credo... io credo ....
La giusta causa
Cos'è cambiato dunque per te in questa notte? E se ciò è vero, non ha mai pensato che anche per te un Dio può esistere?
Paolino (lentamente si alza dal tavolo: prima innaffia il fiore e poi beve)
Ti ho sempre detto che ho avuto l'impressione di essere nato 'senza essere concepito'. Questo me lo disse anche mia madre, povera vecchia, nella sua ignoranza. E questo appunto ti potrebbe spiegare di me molte cose. Io non so dunque da dove sono venuto al mondo. Ci sono arrivato così, e un giorno me ne vado: come un essere diverso, se vuoi; senza che nessuno se n'accorga, poiché io non sono come 'loro'. Ho soltanto coltivato fiori ed ho bevuto: chi mai si è occupato di me? Chi mai, dico, ha avuto bisogno di me, mi ha dato qualcosa?
La giusta causa
Ma tu hai dato a 'loro'?
Paolino
No, perché per 'loro' io non esisto. E nemmeno per Dio esisto: egli non si è accorto di me, poiché io sono passato su questa terra in silenzio, un silenzio mortale e terribile che mi ha annullato come uomo: ti ripeto, io credo come uomo di non essere mai nato. Ed adesso anche la mia ora penso sia giunta, ma la sorte a me non dice assolutamente nulla: è sempre lo stesso silenzio: esso mi annullerà definitivamente.
Dio sono i miei fiori, con la loro breve esistenza terrestre e la loro morte. Dio è il mio vino che ha consolato le mie giornate: essi mi hanno fatto vivere: essi mi uccideranno. E forse Dio sono io stesso che questa sera ho deciso di andarmene a raggiungere il buio che ho sognato, io solo decido, con i miei fiori ed il mio vino e perciò questo solo atto supremo è atto di Dio.
La giusta causa
Ma tuttavia non sempre sta a te decidere; molte volte 'altri' dispongono per te: una malattia, un incidente, che so...
Paolino
Allora in questo caso io morrei come una bestia, una povera bestia qualsiasi, come una pianta, come uno dei miei fiori...
La giusta causa
E mai come uomo?
Paolino
Te l'ho detto: io forse non sono veramente un uomo.(stancamente) Avrei voluto essere nato milioni di anni fa, avere un grande gregge di pecore ed essere il solo uomo sulla terra. Avrei allora potuto vivere con loro la loro vita, gioire della loro nascita, rattristarmi della loro morte, bere il loro latte per nutrirmi e ripararmi, la notte, con le loro pellicce. Uno di loro, insomma, e, poiché, altri uomini non sarebbero esistiti, avrei parlato il loro linguaggio e con loro, felice, un giorno sarei morto.
Sono sogni , certo, ma vedi, qualche volta all'imbrunire io guardo le montagne lontane: affondano nell'oscurità e quasi scompaiono in un silenzio immenso e misterioso. Ed io amo immaginarmi là, sui grandi prati verdi, tra le mie bestie ad accogliere la notte taciturna: mi sarei avvolto in una bianca pelliccia e mi sarei addormentato stretto a queste mie bestie.
Ecco perché questa notte sento in me il desiderio struggente di essere il Dio di me stesso e perché ho preso, senza drammi ,questa decisione.
La giusta causa
Allora non hai più bisogno di me veramente...
Paolino
Non ho più bisogno di nessuno, ormai. Osserva questo fiore: sono otto giorni che l'innaffio e adesso è nato. Man mano che attendevo che nascesse io bevevo, bevevo sempre di più aspettando di notte d'addormentarmi per sempre...
Perché tutti questi miei fiori ora incombono su di me. Il fiore che è nato sarà l'ultimo ed io sto morendo in serenità, a poco a poco, ecco tutto: sto avvizzendo come loro, semplicemente.
La giusta causa
Ma perché hai voluto che nascesse proprio questo fiore per morire?
Paolino
Oh! non questo fiore in particolare. Vedi, io ho vissuto in questa serra tutta la mia vita fin da piccolo, pensa! ed ho visto nascere e morire innumerevoli fiori: essi appassiscono e poi seccano: è la loro morte.
Quando erano belli io li vendevo e mi compravo del vino. E bevevo. Quanto ho bevuto! Credo d'aver bevuto tanto vino quant'acqua ho dato ai fiori.
Stavo qui d'inverno, al caldo e vedevo scendere la neve fuori, sempre solo. Ed i miei fiori mi sembravano più belli e più grandi, i loro colori più brillanti perché io ci bevevo sopra e la neve che scendeva era più fitta e più bianca...
La giusta causa
Ma questa è stata la tua vita di sempre poiché nulla è cambiato, perché interromperla?
Paolino
Tutti questi fiori mi vengono improvvisamente incontro ... mi soffocano ... mi soffocano ... mi soffocano ...e si sono tutti ormai ingialliti nella loro piccola morte senza importanza ... Ma tutti assieme ... tutti assieme in un sol momento fanno un volume immenso, immenso!
Hanno ormai assorbito tutta l'aria qui d'intorno per salvarsi ed io non respiro più ... non respiro ... non riesco che a bere per cercare di vivere ancora un po'... ancora un po' ... ancora un po' di più.
(Paolino beve stancamente ed innaffia i fiori. Entra 'una buona ragione'; silenziosamente come è entrata 'la giusta causa'. E' vestita come lei, in grigio ed ha la sua stessa dolcezza. S'avvicina lenta a Paolino, si siede accanto a lui, dall'altro lato del tavolo e l'accarezza lungamente sul capo, come ha fatto, entrando, la 'giusta causa'. E poi gli parla, sommessa)
Una buona ragione
Ed allora eccomi qui, Paolino, per accompagnarti nell'ultimo cammino. Noi siamo le tue due buone sorelle.
La 'giusta causa' ha filato la canapa della tua vita senza che tu te ne accorgessi mai, ed ora forse è giunta alla fine della conocchia. E sono allora arrivata io, ' la buona ragione', per recidere il filo ... se tu lo vuoi ...
(mentre 'una buona ragione' parla, la 'giusta causa' si è alzata dalla sedia e si è allontanata dal tavolo, verso sinistra, portandosi alla parete che l'ha quasi assorbita nell'identico colore. E' diventata invisibile allo spettatore, salvo una luce che illumina il volto spettrale)
Paolino
Sì, lo voglio. Ma prima desidero che anche il mio ultimo fiore muoia. (Sposta lentissimo, quasi con amore, il vaso verso il limite del tavolo, finché cade in un tonfo sordo, spezzandosi, ed il fiore nella caduta viene reciso. Ma esso è bellissimo ora, ancora più bello senza il contatto con la terra del vaso che l'ha fatto vivere. Una grande luce l'illumina)
Paolino (a 'una buona ragione indicando il fiore a terra)
Osserva: una prima parte di me se ne è andata...
Una buona ragione
E quale parte resta?
Paolino
Il mio vino. Ormai, morti i fiori, anche di lui non ho più bisogno.
(con lo stesso gesto lento, quasi sacrale, ora sposta la bottiglia verso il limite dell'altro lato del tavolo, finché anche essa cade spezzandosi ed il vino si sparge sull'impiantito: ed anche la grande macchia rossa di sangue viene violentemente illuminata)
Paolino
Ora che sono morti voglio comunicarmi di loro. (alla giusta causa) Ti ricordi? Nato senza concepimento, muoio come Lui... Gesù, si dice?... Ma ora non parlate più, ch'io possa avvicinarmi serenamente a loro, colloqui con loro, mi prepari alla morte assieme a loro.
Una buona ragione
Questa non è ancora morte!
Paolino
Non dire nulla: io voglio solo il silenzio attorno a me. Ora che non ho più né i miei fiori, né il mio vino voglio che un grande silenzio discenda su questa terra.
(anche 'una buona ragione' ora si è alzata dal tavolo, e si è allontanata verso la parete opposta dove sta immobile la 'giusta causa' ed anche solo il suo viso rimane illuminato spettralmente. Paolino si alza lentissimamente dalla sedia e si china sul fiore reciso: ne stacca con infinita dolcezza un petalo, poi si sposta dall'altra parte del tavolo con la medesima lentezza, come compiendo un rito, e raccoglie col petalo qualche goccia del vino sparso sul pavimento. E' ormai in ginocchio: beve il vino dal petalo e poi mangia il petalo, trasognato e mestissimo. Le due donne si avvicinano a lui lentamente in modo quasi sincrono e lo aiutano a rialzarsi, cosa ch'egli fa risedendosi al tavolo, tetro e taciturno. Le due donne gli parlano sommesse)
La giusta causa
Tu ora, Paolino, hai mangiato il tuo ultimo fiore e bevuto l'ultima goccia del tuo vino. Puoi perciò addormentarti in pace poiché i tuoi atti estremi, tu, con purezza, li hai compiuti.
La solitudine mortale ti ha ormai abbandonato, la melanconia si è da te silenziosamente allontanata, la tua 'vecchia' invano ti attenderà la sera per bere insieme.
I tuoi ricordi si sono dileguati ed il Dio che dici di avere in te tace ormai ammutolito. Tutte le ombre che incontravi al mattino quando arrivavi quassù e quando tornavi alla sera sono rientrate, sommerse dal buio profondo: esse sono scomparse definitivamente, mai più ritorneranno.
Tu sei ora l'unico uomo sulla terra, Paolino.
Una buona ragione
Tu potrai pascolare le tue pecore, oh! un gregge ben grande di pecore, sui prati alti delle montagne...
La giusta causa
... finalmente una quiete immutabile, serena ed immobile scenderà su di te ...
Una buona ragione
Tu vivrai in pace, Paolino, poiché ricordati, ora sei l'unico, l'unico uomo rimasto su questa povera terra
La giusta causa
Potrai finalmente essere animale tra gli animali; gatto tra i gatti, come al tuo incontro con la prima donna.
Una buona ragione
... e pecora tra le pecore come sognasti nelle lunghe notti d'inverno.
La giusta causa
Il tuo filo è ormai alla fine e fra poco verrà reciso, ma prima che tu ti addormenti guarda finalmente con i tuoi occhi trasognati di fanciullo, i tuoi meravigliosi occhi immacolati, guarda dunque questa natura deserta e monda di ogni passione; guarda le stelle e la luna che stanno calando...
(le due donne silenziosamente si portano al grande finestrone centrale e lentamente lo spalancano sul cielo terso e stellato. Paolino si volta e corre al finestrone il grande spettacolo della notte finalmente e pienamente goduto riempie Paolino di stupore e di gioia. Egli corre al tavolo, prende la sua sedia, la porta davanti al finestrone e, volgendo le spalle al pubblico, si siede a cavalcioni, appoggiando i gomiti allo schienale: rimarrà in quella posizione fino al calar della tela)
Una buona ragione
La luna sta calando e tu sentirai, quando sarà scomparsa, il miagolio triste dei gatti, le loro urla, le loro strida lamentose...: essi ti chiamano, Paolino!
La giusta causa
... e quando anche le stelle spariranno ed il cielo si farà bianco una grande luce sorgerà all'orizzonte: le prime pecore incominceranno allora a belare ...: un belato monotono e stanco: esse vogliono che tu ti accompagni a loro. Ma ora la vera giusta causa, lo scopo della tua vita, tu l'hai trovato ed il tuo filo è veramente al termine ...
Una buona ragione
... ed è finalmente arrivata anche la buona ragione per reciderlo ...
Paolino
Lasciate ch'io guardi: in fondo è la prima volta e tutto è talmente straordinario! Lasciatemi udire queste voci, queste grida: esse sono ancora lontane, affondate nella notte! Lasciatemi attendere che si avvicinino! Lasciatemi ascoltare! Non parlate! Lasciatemi ascoltare! ... Lasciatemi ascoltare!
La giusta causa
Tutto è in regola
Una buona ragione
Tutto è in regola perfetta.
Paolino
Lasciate che io mi addormenti ascoltando. Oh! adesso io sento! io sento! io sento ! che io mi addormenti! Che io mi addormenti in questo sonno senza sogni.
Sono tranquillo ... tranquillo ...
Definitivamente tranquillo! ....... Me ne vado ....
(lentamente cala la tela su Paolino addormentato)

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